Frigorifero vuoto con porta aperta di notte. Illustrazione 3d.

Non c’è nulla da mangiare

Author
Elizabeth Valverde
Translator
Viviana Grasso

È ora di cena e apri il frigorifero cercando l’ispirazione. Non c’è nulla che ti attiri, quindi decidi di ordinare qualcosa. Magari provi un nuovo ristorante o chiami quel posto che non ti delude mai. Questo sembra un buon piano. Ma questo scenario è estraneo a milioni di persone in tutto il mondo. Provate a immaginare di aprire la vostra dispensa e non trovare assolutamente nulla da mangiare. Nemmeno una pagnotta di pane raffermo per placare la fame. Due realtà completamente diverse con la stessa premessa: “Non c’è nulla da mangiare”.

Questo potente punto di vista è offerto dalla campagna del Banco de Alimentos Perú (BAP), promossa nel luglio di quest’anno per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla difficile realtà che milioni di peruviani devono affrontare. In questa occasione, due persone pronunciano la stessa frase, ma le loro situazioni economiche completamente diverse danno origine a significati nettamente differenti. Il primo esprime il suo malcontento per non aver trovato un cibo di suo gradimento, mentre l’altro rivela, letteralmente, la sua mancanza di cibo.

Ma perché questo spot è particolarmente importante? Perché il contesto in cui si inserisce riflette un grave problema globale.

Disagio alimentare

Stando all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il disagio alimentare è definito come la mancanza di un accesso regolare a cibo nutriente sufficiente per uno sviluppo normale e sano. Tale situazione può insorgere a causa della carenza di cibo in un determinato luogo o per la mancanza di risorse per ottenerlo.

Di conseguenza, con un accesso precario al cibo, è molto probabile che le persone siano costrette a sacrificare altri bisogni primari solo per mettere qualcosa in bocca. In aggiunta, i vincoli economici li obbligano a optare per ciò che possono ottenere più facilmente e a basso costo, il che spesso significa cibo povero di sostanze nutritive. Questo porta a problemi di salute a lungo termine.

Gli effetti principali: malnutrizione e obesità. Due malattie che coesistono in molti Paesi e che possono essere una conseguenza diretta della precarietà alimentare. Ad esse si aggiungono altre forme di malnutrizione, come l’anemia, e il rischio di sviluppare malattie croniche, come il diabete, soprattutto se a soffrire di questa carenza sono i bambini.

L’impatto del COVID-19

Benché la malnutrizione e la carestia fossero già problemi preoccupanti per le Nazioni Unite nel 2015, anno in cui hanno stabilito gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), nel 2023 (ultimo studio pubblicato) tale situazione è diventata allarmante.

Il grado di insicurezza alimentare, moderato o grave, rimane ben al di sopra dei livelli pre-pandemici. Si stima che nel 2023 il 28,9% della popolazione mondiale ha sofferto il problema alimentare, che equivale a circa 2,33 miliardi di persone, più di un terzo della popolazione mondiale!

ODS 2: Hambre Cero. Situación alimentaria mundial antes y después del COVID-19.
El COVID-19 ha empeorado esta crisis, aumentando la inseguridad alimentaria en todo el mundo.
SDG 2: Fame zero. Situazione alimentare globale prima e dopo la COVID-19.
Il COVID-19 ha aggravato questa crisi, aumentando l’insicurezza alimentare in tutto il mondo. Crediti: https://sdgs.un.org/es

In Perù, la cifra è raddoppiata, tanto che nel 2022 la FAO lo considerava il Paese con la maggiore precarietà alimentare del Sud America. Con oltre la metà della popolazione colpita, sono aumentati in modo significativo anche i livelli di anemia e obesità.

L’aumento della povertà, aggravato dalla crisi globale dei carburanti e dalla carenza di fertilizzanti, ha avuto un impatto terribile su una popolazione che deve ancora riprendersi dalle devastazioni della pandemia. L’inflazione incontrollata dei prezzi dei generi alimentari, aggravata dai notevoli effetti del cambiamento climatico sull’agricoltura, ha reso quasi impossibile l’accesso a un’alimentazione sana per più della metà del Paese. Una dieta che costerebbe almeno 3,50 dollari al giorno.

La Banca del Perù

Con oltre 16,6 milioni di peruviani alle prese con l’insicurezza alimentare, il Banco de Alimentos Perú (BAP) ha davanti a sé una lotta in salita.

Questa banca, fondata nel 2014 e appoggiata da The Global FoodBanking Network, sa che, così come in Perù si mangia bene, ci sono anche molte famiglie che non hanno il loro prossimo pasto. Di fatto, segnalano che su 10 peruviani, 6 sono rimasti almeno un giorno senza mangiare.

Campaña de donación del Banco de alimentos de Perú
Campagna di donazione della Food Bank of Peru. Crediti: http://bancodealimentosperu.org/

Pertanto, la missione di questa organizzazione è quella di combattere la fame e lo spreco alimentare nel Paese. Opera come intermediario tra le aziende che hanno prodotti con date di scadenza ravvicinate, eccedenze di produzione o difetti di confezionamento e le popolazioni vulnerabili. In questo modo, recuperano alimenti che non hanno più valore commerciale, ma che sono ancora adatti al consumo umano e soddisfano elevati standard di qualità. Ad oggi, hanno portato aiuti a 19 regioni del Paese.

In più, il BAP svolge diverse attività per raccogliere fondi e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle avversità affrontate dai propri connazionali. Secondo loro, una donazione può fare la differenza in una situazione critica, determinando la possibilità di mangiare o meno.

Lo spreco alimentare

Fame e spreco. Due opposti che si intrecciano per formare un tragico paradosso.

Stando al BAP, ogni anno in Perù si sprecano 9 milioni di tonnellate di cibo. A livello globale, la cifra è di 1050 milioni di tonnellate, secondo i dati delle Nazioni Unite. In altri termini, si tratta di circa 132 kg a persona o di circa 1 miliardo di piatti di cibo al giorno. Questo mentre un terzo dell’umanità soffre di disagio alimentare.

Lo spreco alimentare è una dramma globale. Nel mondo, milioni di persone soffrono la fame a causa degli sprechi alimentari” – Inger Andersen, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP).

Si spreca un quinto di tutto il cibo disponibile per il consumo umano. Di questi, il 60% dei consumi proviene dalle famiglie, il 28% dai fornitori di servizi alimentari e il restante 12% dal commercio al dettaglio. Siamo tutti responsabili.

Ma le cifre non finiscono qui: questi sprechi generano tra l’8 e il 10% delle emissioni mondiali di gas serra, un costo pari a mille miliardi di dollari per l’economia globale e una perdita significativa di biodiversità, dal momento che occupano un’area simile a quasi un terzo della superficie agricola mondiale. Si tratta di cifre estremamente preoccupanti che ci mostrano la realtà che sta dietro al cibo che produciamo, ma che non consumiamo. Non a caso, uno degli obiettivi degli SDG è quello di dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030. A questo ritmo, la strada sembra ancora lontana dall’essere percorsa.

60% de los desechos alimenticios proviene de los hogares.
La mayor parte del desperdicio de alimentos ocurre en el consumo doméstico, lo que resalta la importancia de tomar medidas para reducir el desperdicio en nuestras casas.
Il 60% dei consumi alimentari proviene dalle famiglie.
La maggior parte degli sprechi alimentari avviene nel consumo domestico, il che evidenzia l’importanza di agire per ridurre gli sprechi alimentari nelle nostre case.

Speriamo almeno che la prossima volta che aprirete il frigorifero e troverete qualcosa da mangiare, sappiate quanto siete fortunati e non sprecherete il vostro cibo.

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