Viviamo nell’era della plastica e non nell’Antropocene? È possibile. Per evitare l’impatto dei milioni di rifiuti che ricevono i mari, ci sono diverse iniziative degne di nota.
Ogni anno vengono prodotti 450 milioni di tonnellate di plastica, 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono negli oceani.
Secondo il report del 2016 della Ellen MacArthur Foundation entro il 2050 ci sarà più plastica che acqua negli oceani.
Nel 2017 Roland Geyer, professore di ecologia industriale presso la Bren School of Environmental Science and Management, University of California, con un team di ricercatori, scrisse un report mostrando che l’umanità aveva prodotto 8.3 miliardi di tonnellate di plastica dagli anni 50. Entro il 2015 solo il 9 per cento era stato riciclato, il 12 per cento incenerito e il 79 per cento si era accumulato in discariche o nell’ambiente.
La nuova economia della plastica
Cifre, quelle elencate qui sopra, che destano preoccupazione, ansia e senso di impotenza. Come reagire, che fare?
La proposta innovativa per evitare l’avverarsi di uno scenario apocalittico è denominata dalla Ellen MacArthur Foundation una New Plastics Economy e richiede il cambiare il nostro approccio verso questo materiale.
Come? Introducendo l’economia circolare nel modo in cui viviamo la plastica, da come la creiamo, la utilizziamo e la ricicliamo.
Questa organizzazione, insieme al WWF, ha creato una coalizione di oltre 200 aziende (coinvolte a diversi livelli con la plastica), istituzioni finanziare e ONGs per chiedere alle Nazioni Unite di istituire il Trattato Globale sulla Plastica.
Nel Marzo del 2022, durante la quinta sessione dell’UNEA (United Nations Environment Assembly), fu adottata una storica risoluzione per sviluppare un trattato ONU per agire sull’inquinamento della plastica. Le negoziazioni formali iniziarono nel Novembre 2022 con la convocazione di un INC (Intergovernmental Negotiating Committee), un comitato intergovernativo per il negoziato. La speranza è di completare le negoziazioni per un trattato ONU nel Novembre/Dicembre 2024, al quinto INC.
Iniziative di volontariato globale contro l’ondata di plastica
A livello globale questa nuova visione ha ispirato molti ad iniziative di raccoglimento, smaltimento e minor utilizzo della plastica.
Una forte concentrazione degli sforzi per il raccoglimento è negli oceani e sulle spiagge, i posti più compromessi dall’ondata di rifiuti di plastica.
Nel 2023 si sono viste molte iniziative apparire sulla scena, soprattutto per ripulire le spiagge. Molte organizzazioni dedicate alla preservazione dell’ambiente hanno invitato volontari a far parte di giornate di pulizia della spiaggia a loro più vicina. Da Legambiente in Italia a Beach Clean nel Regno Unito, ci sono ora molte possibilità di attivarsi per ridurre la quantità di rifiuti che si trovano su ogni spiaggia.
Una delle iniziative più interessanti che è emersa in questo contesto è Archeoplastica.
Archeoplastica, reperti archeologici dei nostri tempi
Nel 2018 Enzo Suma, guida naturalistica di Ostuni, iniza, con piccoli gruppi di volontari appartenenti all’associazione “I millenari di Puglia”, a raccogliere i rifiuti sulle spiagge pugliesi.
Come racconta lo stesso Suma questo progetto ambientale presto diventa indipendente e, grazie anche alla popolarità che ottiene sui social media, si espande e si formano gruppi di raccoglitori distribuiti in tutte le regioni costiere italiane.
Mentre facendo quest’attività si accorge che alcuni dei rifiuti sono più vecchi di altri, alcuni persino “antichi”, palesemente abbandonati al loro destino da decenni. A fine 2018 inizia a postare foto di questi reperti in Facebook, con le loro storie.
La reazione del pubblico è immediata, scatta subito curiosità o nostalgia, a seconda delle diverse fasce demografiche. Da una parte si sente la meraviglia del rivedere oggetti appartenuti a quotidianità di tanti anni fa. Dall’altra lo stupore quando ci si rende conto di quanto ottimo sia il loro grado di conservazione, indicando quanto difficile sia lo smaltimento della plastica.
Soprattutto considerando che la maggior parte di questi oggetti rinvenuti sulle spiagge erano stati concepiti come monouso. Quindi usati per qualche settimana, pochi giorni, o addirittura per pochi minuti e poi gettati,
La sensibilizzazione della gente verso il problema della plastica dispersa nel mare è proprio uno degli obiettivi che lo spingono a fondare Archeoplastica.
Storie dal mare
Ora la raccolta e la pulizia delle spiagge continua, ricevendo anche reperti da volontari sparsi in giro per l’Italia. Oltre ad esporli tramite i social media esiste ora una splendida vetrina nel loro sito. Questo è un museo virtuale che permette di vedere gli oggetti in 3D, leggerne la loro storia e di dove e da chi sono stati ritrovati.
Affascinante e preoccupante è vedere tanti oggetti di uso quotidiano in ottimo stato di conservazione. Tanti sono facilmente associabili anche a famose pubblicità di aziende tutt’ ora esistenti, come il contenitore del Nesquik o i vasetti degli yogurt Yomo. Oppure, come il pallone dei mondiali del ’90, ad eventi del passato che sembrano così vicini e remoti allo stesso tempo.
Oltre al museo virtuale sono state anche avviate delle mostre, delle “storie dal mare” che hanno l’obiettivo principale l’invito ad una riflessione, uno stimolo verso nuovi comportamenti più consapevoli.
Queste mostre itineranti vengono ospitate in diverse località sparse per l’Italia e con alcuni partner di riguardo tra cui il National Geographic.
Attualmente sono in corso tre mostre: a Cesenatico (fino all’8 Settembre), a Vieste (fino al 18 Agosto) e a Jesi (fino al 27 Ottobre 2024).
Quindi ora che facciamo con la nostra plastica?
Tutte queste iniziative sono molto importanti per espandere la coscienza collettiva sulle difficoltà dello smaltimento dei nostri rifiuti quotidiani.
Una volta assorbita questa consapevolezza è però necessario anche attuare dei cambiamenti nella quotidianità.
Lucy Siegle, giornalistica inglese specializzata in ambiente, nel suo libro “Turning the tide on plastic” ha decretato che dobbiamo iniziare cambiando le tradizionali 3R del riciclo (Ridurre, Riutilizzare, Riciclare).
Queste sono da tempo usate come slogan per uno smaltimento ottimale dei rifiuti ma non sono più abbastanza. Ci incoraggia ad aggiungere altre 5 R e a creare quindi un sistema a 8 fasi: Registrare, Ridurre, Rimpiazzare, Rifiutare, Riutilizzare, Riempire, Ripensare, Riciclare.
Registrando, tenendo nota di cosa si utilizza quotidianamente ci si può rendere conto del livello del nostro scarto quotidiano. Una volta compreso il nostro livello di scarto possiamo quindi procedere con il capire cosa può essere ridotto o rimpiazzato con alternative non di plastica. Oppure, in altri casi come il cibo da asporto, cosa si può rifiutare (posate/cannucce di plastica). Altre cose possono essere riutilizzate e riempite più volte (come le bottigliette d’acqua).
D’impatto può sembrare un processo lungo ma una volta iniziato semplifica la vita, riducendo molto spreco di cui non ci rendiamo neppure conto.
Vogliamo meno plastica nei nostri mari? Iniziamo a ridurre la plastica nelle nostre case.