Nella scelta di un capo di abbigliamento, cosa mi spinge a comprarlo? Come posso valutarne la qualità e l’impatto che tale prodotto ha sull’ambiente? Un fattore che è sicuramente importante considerare ma al contempo difficile da comprendere appieno è sicuramente il materiale che lo compone. Andando a studiare il tessuto di un prodotto moda, tanti sono i fattori da tenere in considerazione poichè svariati sono i passaggi per la sua produzione che creano impatto sulla sostenibilità del prodotto finito. Per poter meglio capire i vari fattori in gioco è importante comprendere bene tutte le problematiche legate alla sostenibilità delle fibre.
Cotone
Il cotone è ad esempio una fibra che in quanto naturale può sembrare come una semplice scelta per avere un prodotto sostenibile, ma presenta in realtà una molteplicità di fattori da considerare.
Tale materiale richiede sia in fase di coltivazione della pianta che in fase di lavorazione, l’utilizzo di grandi quantitativi di acqua e di sostanze chimiche potenzialmente pericolose per l’ambiente e la salute. Secondo il WWF, occorrono 2.700 litri d’acqua per produrre il cotone necessario per una sola T-shirt. La pianta di cotone è tipica di zone calde e ampiamente soleggiate, necessitando quindi durante il periodo di crescita di grandi quantitativi di acqua. Inoltre per poter avere una produzione performante al meglio le coltivazioni vengono spesso trattate con sostanze chimiche pericolose. Tali prodotti causano un’ intossicazione del terreno di coltivazione come anche della fibra stessa.
La produzione di cotone porta con se un problema legato non solo alle risorse ambientali che usa ma anche alla sua eticità sociale, fattore imprescindibile nella valutazione della sostenibilità delle fibre. Il mercato che ci si sviluppa intorno difatti è spesso legato a uno sfruttamento di terreno e persone in zone del mondo economicamente più deboli. Ad esempio, uno dei cotoni maggiormente usati per la moda è quello coltivato in India, dove l’alta competitività spesso porta ad operai sottopagati e metodi di coltivazione non ottimali.
Cotone e semi OGM
Nel caso specifico dell’India vi è poi il problema di importazione di semi dall’America, che da ai venditori degli stessi grande potere finanziario soprattutto dopo l’introduzione di semi OGM. Quesiti particolari semi sono modificati per poter resistere meglio alle intemperie ma sono utilizzabili solo per il periodo di una fioritura. In questo modo i venditori si assicurano un continuo ritorno al mercato da parte dei contadini. Questi ultimi invece si ritrovano a dovere sostenere una spesa costante che non sempre riescono a pareggiare.
Nella nostra valutazione della sostenibilità delle fibre è importante considerare però anche il ciclo vita di tale prodotto in quanto fibra naturale. Il cotone ha difatti un tempo di decomposizione post utilizzo molto breve, sopratutto se paragonato a fibre artificiali. Grazie a questo il suo impatto nel periodo post utilizzo è molto ridotto.
Lana
Così come il cotone anche la lana ha un tempo di decomposizione a fine vita più breve di quello invece tipico delle fibre sintetiche. La lana inoltre non richiede quantitativi eccessivi di acqua nelle fase precedente alla filatura derivando da vello animale. Dipendendo però dall’allevamento di pecore, presenta il grande rischio di creare allevamenti intensivi. Tale termine indica l’atto di velocizzazione della crescita di animali attraverso l’uso di ormoni, così che l’ovino possa arrivare all’età adulta il più velocemente possibile e portare maggiore quantitativi di lana. Dimostrando un interesse per l’animale legato soltanto a quanto profitto porta, questo metodo crea problemi all’eco sistema su svariati fronti.
Così come la crescita intensiva un altro problema che si presenta con la lana specialmente da pecore Australiane è quello legato al muelesing. Tale pratica, sebbene effettuata per il bene dell’animale risulta in grossa sofferenza per lo stesso. Anche in questo caso il problema nasce dal cercare attraverso la selezione di specie di selezionare solo quelle pecore che possano dare più lana possibile, senza considerare i problemi di salute che ne potrebbero derivare.
Come rovescio della medaglia la lana ha una vita lunga e ottime caratteristiche performative andando a comporre capi abili di durare a lungo. Tali fattori ci indicano quindi che il miglior consumo della lana si può avere andando a produrne quantitativi controllati, attraverso metodi di allevamento che curino l’animale e il suo ambiente al meglio.
Lino
Continuando in questo studio sulla sostenibilità delle fibre si arriva a valutare la fibra di lino. Tale materiale risulta, da punto di vista della sostenibilità, estremamente interessante. Necessitando di ridotte quantità di acqua e sostanze chimiche la sua coltivazione si inserisce senza grosse alterazioni all’interno dell’ecosistema. Tali regole valgono anche per la lavorazione poi di filato e tessuto. Come riportato da European Flex le coltivazioni di lino necessitano di zero irrigazione (bastando l’acqua piovana) e pochissimi fertilizzanti o agenti chimici.
Il lino inoltre aiuta nella riduzione di carbonio poichè ogni ettaro di terreno così coltivato trattiene 3,7 tonnellate di CO2.
Il maggior problema presentato dal lino riguarda purtroppo i quantitativi prodotti in quanto di tale pianta le coltivazioni sono ridotte. Avendo un ciclo di coltivazione di un anno e richiedendo particolari condizioni atmosferiche, non viene coltivato tanto quanto il cotone. Proprio per questo ha un impatto ampiamente minore sull’ambiente ma al contempo una disponibilità altamente inferiore.
Viscosa
La maggior parte dei materiali attualmente usati nel campo moda sono creati dall’uomo e possono avere origine dal petrolio ma anche da materiali naturali, solitamente vegetali. Nel caso della viscosa ad esempio si parte dalla cellulosa ottenuta da legno di alberi. Esso viene ridotto in truciolati per poi divenire una polpa da filare. La viscosa è un interessante punto di incontro tra fibre naturali ed artificiali.
Derivando da tronchi di albero corre spesso il rischio di dipendere da intense attività di deforestazione. Tale realtà si lega sempre a un bisogno di produzione intensiva che non lascia spazio e risorse sufficienti a una coltivazione che segua i tempi della natura. Ne deriva così un’uno sfruttamento incontrollato e pericoloso delle risorse naturali già esistenti.
Imbottitura poliestere
Come si può notare dai paragrafi precedenti, un grande problema legato alla sostenibilità delle fibre viene presentato dai materiali naturali è quello di sfruttamento di animali e terreni per la crescita intensiva. Di fronte a tale problema l’uomo ha cercato di industriarsi per poter trovare una soluzione. Un esempio lampante di questo è l’uso di imbottiture di poliestere.
Ci troviamo qui davanti ad un prodotto realizzato per prevenire la realizzazione di imbottiture in piume d’oca. Per evitare l’allevamento ed uccisione di pennuti al solo scopo di creare piumini e capi imbottiti si sono sviluppati materiali derivanti completamente da petrolio.
Tali materiali chiaramente presentano tutte le criticità legate ai materiali plastici e alla difficoltà nel trattamento del loro fine vita. Allo stesso tempo però bisogna considerare il tipo di prodotto nel quale verranno usati, il quale tendenzialmente ha una vita molto lunga e meno legata a stagionalità. Spesso infatti tali tipi di imbottitura sono maggiormente usati in capi tecnici e performanti, pensati per durare nel tempo.
Pelle vegana
Un altro esempio di questo principio è la pelle vegana. In questo caso è importante creare una distinzione tra quelle che derivano da polimeri e quelle che derivano da recupero di materiale naturale. Quest’ultima è un materiale molto particolare ed innovativo, risultato di uno studio di upcycling.
Andando ad usare come materia prima scarti naturali non si riduce a una singola tipologia ma ne stanno al momento venendo sviluppati vari prototipi. Spesso derivanti da scarti dell’industria alimentare un esempio interessante di pelle vegana può essere trovata nella “Whineleather” derivante dalle fibre ed oli estratti dalla vinaccia. Tale materiale crea quindi prodotti che non solo riusano materiali di scarto, ma una volta raggiunto il fine vita hanno anche tempi di decomposizione veloci. Come problematica presenta però tempi e modalità di produzione troppo lunghi per la richiesta corrente, producendo per questo quantitativi ancora ridotti di tale materiale.
Si può quindi comprendere come dietro a ciascun materiale ci sia un mondo di problematiche, pregi e lavoro che ampliamente influiscono sul prodotto finale. Ogni lavorazione applicata, ogni passaggio effettuato ha delle cause e comporta delle conseguenze, ognuna delle quali può guidare la mia scelta e decisione nei confronti di esso.