Il mondo della natura descritto da Simone Berti nelle sue opere è un mondo mitico, incantato, misterioso. Quasi sacro. Un mito fatto di armonia. E di abilità artistica. Descritto in momenti e dettagli che fanno parte di una storia più articolata. Una storia quasi perduta. Ma finalmente ritrovata. In altre parole, sempre piena di sorprese.
Soprattutto alberi
Una natura in cui gli alberi, nelle loro diverse forme, sono tutti insieme protagonisti di una natura popolata. Affollata di creature viventi.
Le creature di Berti scavano nella sua/nostra fantasia. Sembrano uscire da una fiaba medievale. O da una visione retro-futuristica. O neo-primitiva.
Un racconto in cui una montagna può essere, miracolosamente, sospesa in cima a una struttura gigantesca. Dame senza cavalieri possono indossare cappelli maestosi come palazzi. Gli amici artisti possono lasciarsi ritrarre insieme alla loro opera più famosa come parte delle piante in fiore. Sono veri segni araldici per i tempi moderni.
Icone della storia del pianeta
In questa mostra la grande serie di alberi si presenta in diverse forme e colori. Sembrano, inoltre, delle icone. Per esempio, di un altro punto di vista della storia del pianeta. Un punto di vista mitico e fantastico.
Fa venire in mente le parole di Italo Calvino. Quando, nell’introduzione alle Fiabe Italiane, parla di: “…sostanza unitaria del tutto, uomini, bestie, piante, cose. L’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste”. (Italo Calvino, Introduzione alle Fiabe Italiane, Mondadori, Milano 1991, p. xvi.)
Lo spazio della natura e dell’uomo si sovrappongono (ancora una volta) in un universo. Che non sembra permettere la divisione di specie e categorie. Ciò che prima possiamo definire tassonomia, ora appartiene a un tutto indivisibile.
Le corna degli animali, per esempio, conquistano l’aria. Ma ostacolano i loro eventuali movimenti agili. Infine, diventano addirittura radici. E dopo, ancora corna.
È un concetto della natura a cui ci si dovrebbe abituare. Tuttavia, è allo stesso tempo insolito e affascinante. Nasconde un tempo circolare. Quasi un eterno ritorno. In opposizione al tempo lineare del progresso contemporaneo.
Gli alberi e la natura sono diventati i protagonisti del recente lavoro artistico di Simone Berti. I tronchi d’albero sono rappresentati in tutta la loro muscolarità. Come ibridi, almeno come reminiscenza, a forme corporee zoologiche.
Simone Berti
Simone Berti, nasce ad Adria (sul fiume Po). Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Milano, negli anni ’90 vive con altri artisti tra cui Stefania Galegati, Sarah Ciriacì nello stabile di Via Fiuggi 12/7, formando il gruppo omonimo. Ha esposto in importanti strutture internazionali come il Kunstmuseum di Bonn, e in numerose gallerie italiane, tra cui la Galleria Massimo de Carlo di Milano. Allievo di Kosuth alla Fondazione Ratti, di Garutti a Brera e vincitore del premio per giovani artisti alla Fondazione Rebaudengo nel 1997. Ha esposto alla Biennale di Birnabaum, al Centre Pompidou, alla Biennale di Istanbul e in Whitechapel. Raffinato pittore, fotografo, designer, scultore e performer. Dopo un breve periodo a New York, nel 2008 si è trasferito a Berlino.
Alberi ramificati saldamente al suolo
Sue sono le immagini di persone, animali e oggetti sospesi su delle protesi. Impalcature e trampoli irrompono con ineffabile leggerezza nell’immaginario collettivo della scena artistica italiana alla fine degli anni Novanta. Installazioni e dipinti che evocavano illustrazioni d’erbario ottocentesche. Ma riviste sottolineando impietosamente tutta la fragilità, l’instabilità e la disabilità dei soggetti raffigurati.
La scoperta più recente è quella di nuovi protagonisti della ricerca: gli alberi (da cui il titolo della mostra). Alberi che mettono radici e si ramificano saldamente al suolo. Fanno presa sulla terra.
Universo metamorfico
Un universo metamorfico, come sottolinea Luca Cerizza nel testo introduttivo. Facendo riferimento a una mitica, e primordiale, sostanza unitaria del tutto.
È quel mito di cui parla anche Jacques Brosse nel suo libro “Mitologia degli alberi”. In un passato lontano, “…molto prima che l’uomo apparisse sulla terra, un albero gigantesco si innalzava verso il cielo. Asse dell’universo, attraversava i tre mondi. Le sue radici affondavano negli abissi sotterranei, i suoi rami raggiungevano l’empireo”.
Fin dall’antichità, infatti, gli alberi sono stati al centro di un affascinante sistema di miti e leggende. In un sorprendente corso di secoli, fattori storici e culturali hanno portato le piante ad essere considerate manifestazioni per eccellenza della divinità. Dal glorioso mito dell’Albero Cosmico, al culto delle querce dei greci e dei romani, al giardino dell’Eden nel cristianesimo, al fico sacro sotto il quale il Buddha raggiunse l’illuminazione.
Alternative al mainstream
“Prendendole insieme, però, queste creature potrebbero certamente essere lette come momenti e dettagli di una storia più articolata, di una visione immaginativa coerente”, Luca Cerizza (curatore della mostra) aggiunge. “Satura di una cultura popolare incarnata in corpi estranei a qualsiasi omogeneizzazione, modelli narrativi come la fiaba, la filastrocca, la leggenda sono stati rimessi in circolazione. Con il potenziale obiettivo critico di creare uno spazio “protetto” dal flusso veloce della modernità. Per renderle storie che si ergono come alternative al mainstream.
Attraverso forme di racconti popolari, trasmettono fondamentali situazioni simboliche, mitiche. Che sembrano abitare un tempo immemorabile”.
Metamorfosi infinite
“La pittura non si addensa mai” dice il critico Alberto Mugnaini, “la pasta cromatica accarezza la tela senza grumi o inciampi. Il pennello di Berti sembra procedere con un ritmo molto lento, quasi a mimare gli stessi tempi di crescita dell’albero, la paziente cronologia di tutte le sue infinite metamorfosi. Metamorfosi che si estendono anche alla vita animale, coinvolgendola in un unico processo di germinazione. Nell’Untitled del 2020 le ramificazioni delle corna del cervo si innestano e crescono con le appendici degli alberi. Come se tutta la natura non fosse altro che un ammassamento e un incrocio di frammenti di legno”.
Parabole del presente
Berti ha capito fin dall’inizio che bisognava diffidare di questa modernità, del suo desiderio di esaltare l’antropico sull’animale, l’umano sul vegetale.
Quelli che sembravano racconti di un’epoca passata sono, in realtà, parabole del presente e del tempo a venire.
Un grado superiore di consapevolezza ecologica. Berti ci restituisce tutto il fascino di un mondo solo apparentemente dimenticato. Invece, illumina con la profondità di una saggezza plurimillenaria; quella che si basa su una conoscenza incredibile. E sa armonizzare le espressioni umane con gli equilibri e il ritmo della natura.
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