Michelangelo Pistoletto, uno degli artisti italiani più internazionali di tutti i tempi, ha iniziato il suo percorso artistico dipingendo ciò che aveva più a portata di mano: se stesso.
Chissà se si aspettava che lo studio della propria individualità l’avrebbe portato alla scoperta dell’infinito.
Non solo metaforicamente.
Infatti é proprio a partire dal simbolo dell’infinito che, all’apice della sua maturazione personale, concepisce una nuova versione della lemniscata.
Questa nuova forma sarà chiamata Terzo Paradiso e verrà riprodotta decine di volte in tutto il mondo, proprio in nome dell’artista. L’astronauta Paolo Nespoli l’ha persino portato nello Spazio.
Ma partiamo dall’inizio.
La genesi artistica di Pistoletto
1933. Biella.
È qui che comincia la vita dell’artista Michelangelo Pistoletto, figlio di un padre pittore e restauratore. Viene avviato da subito alla conoscenza degli artisti, grazie alle opere che vedeva passare per la bottega di restauro. Nonostante l’influenza conservatrice del padre, la vocazione chiama il giovane Pistoletto verso un’arte più innovativa.
Infatti le opere degli artisti contemporanei e il dibattito che esse suscitano lo stimolano a ricercare una risposta personale alle questioni esistenziali che egli vede espresse nelle diverse correnti artistiche.
Gli anni ‘50 rappresentano la vera scintilla dell’esperienza artistica di Michelangelo Pistoletto. È in questo momento che vengono esposti i suoi primi autoritratti.
Ma come è possibile passare dagli autoritratti alla famosa Mela Reintegrata esposta all’esterno della Stazione Centrale di Milano, che rappresenta una denuncia al consumismo? È possibile che queste opere abbiano qualcosa in comune?
Michelangelo Pistoletto: un artista a servizio della collettività
Ebbene sì.
Michelangelo Pistoletto ha fatto in modo che tutte le opere prodotte dalla sua esperienza artistica diano come somma un’unica grande opera d’arte, come se ogni singola opera costituisse il tassello di un unico organismo artistico finale.
Questo risultato non è frutto di un disegno prestabilito, ma la conseguenza naturale di una ricerca espressiva perseguita intimamente, eppure condivisibile su scala universale.
In altre parole, Michelangelo Pistoletto è arrivato a una conclusione collettiva capace di collocarsi al servizio dell’umanità.
L’umanità è composta da singoli individui, ognuno con la sua interiorità, il proprio carattere. Ognuno circondato da un diverso ambiente e diversi rapporti.
Michelangelo Pistoletto decide di iniziare un’indagine proprio da se stesso, e lo fa con l’autoritratto. Ma cosa serve per guardare la propria immagine e riprodurla? La risposta è lo specchio. Ed ecco che sin da subito anche questo secondo elemento viene aggiunto dall’artista tra i suoi strumenti creativi.
L’autoritratto, così come lo specchio, infatti, vengono indagati da Pistoletto lungo tutto il suo percorso artistico. Lo specchio rappresenta l’individuo, ma anche il contesto circostante. Nella superficie dello specchio viene impresso per un istante il movimento di ciò che vi si riflette, come se fosse il frame di un attimo.
Lo specchio magico di Michelangelo Pistoletto
Nel 1961 arriva la svolta che porterà ai Quadri specchianti. Dopo aver steso sulla tela un fondo nero e uno spesso strato di vernice trasparente, si accorge improvvisamente di potersi specchiare direttamente nella tela, senza più bisogno di usare lo specchio per osservarsi.
Nel 1966, parlando di quell’episodio, Michelangelo Pistoletto scrive:
“L’uomo dipinto veniva avanti come vivo nello spazio vivo dell’ambiente, ma il vero protagonista era il rapporto di istantaneità che si creava tra lo spettatore, il suo riflesso e la figura dipinta, in un movimento sempre “presente” che concentrava in sé il passato e il futuro tanto da far dubitare della loro esistenza: era la dimensione del tempo.”
Il dado era tratto. Da quel momento l’artista ha tutti gli elementi chiave che contraddistingueranno la sua personalità artistica. Comincia così a lavorare sul suo rapporto con l’oggettività scientifica, sulla polarità tra individuo e ambiente e sul valore del momento presente.
I Paradisi
Marzo 2004.
Michelangelo Pistoletto sta ritirando la sua laurea honoris causa in Scienze Politiche da parte dell’Università di Torino e annuncia al pubblico che il Terzo Paradiso sarà la prossima fase del suo lavoro.
Il simbolo del Terzo Paradiso è una rielaborazione del segno matematico d’infinito. Tra i due cerchi contigui, che in questa poetica rappresentano i due antipodi natura-artificio, viene inserito un terzo cerchio centrale che rappresenta il grembo generativo di una nuova umanità. Il Terzo Paradiso.
Per Michelangelo Pistoletto esistono infatti 3 Paradisi:
1 – Il Paradiso Naturale, dove le creature umane vivevano in simbiosi con la natura. L’Eden.
2 – Il Paradiso Artificiale, nato dal morso della mela e cresciuto fino all’ultimo secolo. È un paradiso di esclusivo utilizzo umano. Ha portato benessere alla società ma ha anche creato un danno irreparabile alla Natura. È il paradiso presente e sta deteriorando il Paradiso Naturale di origine.
3 – Il Nuovo Paradiso. È quello al quale l’umanità non solo dovrebbe aspirare, ma che ha il dovere di realizzare. È il mondo in cui il benessere degli esseri umani coesiste con quello della Natura.
Tutto torna:
per conoscersi meglio, Michelangelo Pistoletto sceglie l’autoritratto. Poi la tela si trasforma in superficie specchiante in cui si riflette l’immagine dell’artista nel mondo. Così, con la coscienza delle esperienze maturate, si definisce un compito finale: conciliare se stesso con il mondo circostante.
Non solo. Per il conseguimento di questo intendo artistico, non basta che l’esperienza rimanga personale: deve necessariamente essere estesa a tutti. Dall’individuale si passa all’universale.
Così, dall’auto-contemplazione, Pistoletto giunge gradualmente alla promulgazione di una responsabilità collettiva.
Le risposte a questa azione sono arrivate da tutto il mondo, con la condivisione del simbolo del Terzo Paradiso. Dal 2004 a oggi il simbolo del terzo Paradiso è stato riprodotto e riproposto ufficialmente decine di volte, e centinaia di eventi hanno manifestato vicinanza al progetto.
Pistoletto e l’impegno ecologico e sociale dell’arte
Nel 1967 Pistoletto aveva già concepito un’opera che anticipava i messaggi del Terzo Paradiso: La Venere degli stracci. Essa è un’immagine di bellezza immutabile che si trova davanti a un mondo degradato, la fase finale del secondo mondo, quella in cui il benessere si trasforma in rifiuto.
Oggi ci troviamo con una crescita di rifiuti che oltrepassa ogni limite.
Questa Venere, simbolo di una tradizione antica, rappresenta il collegamento tra il rifiuto e la parte migliore della tradizione umana.
La mela reintegrata costituisce il passaggio successivo. Installata in occasione dell’apertura di “EXPO Milano 2015” prima in Piazza Duomo e poi di fronte alla Stazione Centrale, appartiene al Terzo Paradiso. La mela, simbolo del consumismo, viene finalmente riparata dal morso del peccato.
La missione di Michelangelo Pistoletto non si risolve nella produzione materiale di opere d’arte, ma contempla progetti di attivismo territoriale, volti alla creazione di una rete umana reale e motivata al cambiamento.
È il caso delle 100 panchine in plastica riciclabile installate nel 2019 nella città di Roma.
In precedenza era stato avviato un forum nel quale chi lo desiderasse era invitato a incontrarsi in una location allestita con sedie e tavoli. I dibattiti affrontavano i grandi problemi, come l’energia rinnovabile e l’educazione al nutrimento.
Nella fase successiva del progetto sono state scelte le panchine invece di sedie e tavoli per la loro capacità di accogliere più persone delle sedie. Rappresentano un’alternativa democratica alla più individuale e dittatoriale sedia.
Le panchine invitano a comunicare e formano il simbolo della discussione: connessione e incontro.