Per chi non conoscesse la storia del riutilizzo che diventa arte e la vita di questo artista, rappresentando anche uno degli episodi più interessanti dell’arte avvenuta quasi 100 anni fa, ecco a voi un brevissimo riepilogo; Andando indietro, senza rintracciare strumenti e produzioni high tech (la famosa alta tecnologia dei giorni nostri) ci basta spulciare un po’ nella storia dell’arte; per dar prova del fatto che il riutilizzo sia argomento conosciuto già agli inizi del 900.
Kurt Schwitters uno dei protagonisti più rilevanti del Dadaismo – che poi in realtà non fece mai parte ufficialmente del gruppo berlinese dei dadaisti – (ricordiamo che il Dadaismo è un movimento artistico, che nasce dopo la Prima guerra mondiale, un’arte che vuole dare scandalo rifiutando i metodi tradizionali).
Schwitters classe 1887 avvia la sua formazione a Dresda in Germania, passeggiando inizialmente tra le vie dell’espressionismo (che fu l’arte libera – esasperazione delle forme e dei colori) e del cubismo (opere con oggetti poco riconoscibili, Picasso ne è il protagonista) agli albori creò alcune opere di non molto successo: collage con oggetti già utilizzati come i biglietti del tram, tappi, spugne e bottoni.
Ma, chi era Kurt?
Personaggio eccentrico, viste le idee che ha avuto e poi messo in pratica.
Pedalava la sua bici e andava in giro per le strade raccogliendo oggetti di qualsiasi materiale, forma e dimensione: rifiuti industriali, spazzatura, assi di legno corrose e oggetti di scarto.
“si può gridare anche i rifiuti di casa. E fu quello che feci, incollandoli, e inchiodandoli assieme” E da qui il riutilizzo che diventa arte, con una delle sue opere più famose: Merzbau! Una sorta di assemblage ossia una composizione di oggetti o componenti degli oggetti stessi, che costruì nella sua stessa casa.
Una tecnica simile ai collage polimaterici dei cubisti; ma considerando vari aspetti la tecnica dell’ assemblage è quella che più si avvicina all’artista, riuscendo così ad unire in un unico gesto, due linguaggi.
Quale fu il fine del suo lavoro?
Il suo scopo fu quello di compiere un prelievo, una piccola parte di tutta la realtà attorno a lui, gli “avanzi” di un mondo che si stava avviando verso l’industrializzazione, convertendo questi oggetti in risorse psichiche e sensoriali, per riconvertirle in piacere.
Raccogliere tutto ciò che rimaneva o ciò che era diventata la merce di scarto della società del suo tempo, facendone un’opera di rappresentazione del brutto e corroso. Appare una rivoluzione ultra contemporanea. Un’ artista che riutilizza i rifiuti facendone un’opera d’arte?
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Oggi potremmo vedere quest’opera con occhi diversi, proprio ora, in un periodo storico in cui la parola riutilizzo è forse una delle più importanti e parte della nostra vita quotidiana. Utilizzando esclusivamente questi “oggetti trovati” e senza nessun spreco di risorse – anzi tutto il contrario – riuscì a creare opere uniche.
Ma se ritorniamo agli inizi del Novecento, periodo caratterizzato da forti cambiamenti, nuove sperimentazioni artistiche; con “nuovi sguardi” rivolti al futuro e insieme al mondo dell’arte in pieno fermento. Vediamo che l’artista insieme ai suoi colleghi riusciranno a rivoluzionare i codici tradizionali e ad influenzare l’età del tempo, che permane ancora oggi.
Per vostra informazione l’opera fu realizzata in più stanze della casa di famiglia ad Hannover, Waldhausenstrasse n° 5, un lungo percorso che terminò prima della II guerra mondiale nel 1937.
Di quest’opera rimane solo una foto e una riproduzione presente al Tate Modern di Londra.