Rappresentano un’antica tradizione tessile e oggi sono più che mai di tendenza: gli arazzi contemporanei personalizzano ogni ambiente e sono sempre più sostenibili.
Nei precedenti articoli, ci siamo immersi nella Land Art per poi scoprire l’Arte Povera. Abbiamo fatto anche un piccolo tuffo nella Street Art, passando dall’America dello Utha fino ad arrivare alle Alpi di Pampeago. Oggi, vi porterò in un viaggio lungo e affascinante. Parleremo di arte tessile, tessuti e ricami. E di come questi, diano vita agli arazzi.
Arazzi: l’arte morbida
A metà strada tra l’artigianato e l’arte, gli arazzi rappresentano una forma di arte tessile antichissima e di indubbio fascino. Tecnicamente è un tessuto a dominante di trama, realizzato a mano su un telaio e destinato a rivestire le pareti. Solitamente di ampio formato, rappresenta grandi disegni molto dettagliati. Oggi viene impropriamente usato per indicare vari manufatti che si appendono ai muri realizzati con tecniche differenti, come il mezzo punto, il telaio Jacquard, il ricamo.
Il loro successo comincia nel Medioevo, quando nella cittadina francese di Arras (da qui il termine arazzo) venivano prodotti questi tessuti di grandi dimensioni a partire dal disegno di un pittore, meglio se famoso.
Ma le origini dell’arazzo sono probabilmente ancora più antiche. Risalgono addirittura all’Antico Egitto e alla Grecia, senza contare il fatto che la sua diffusione è stata capillare. Si contano esempi di pregio in Giappone e addirittura nell’America precolombiana.
Gli artisti più importanti – in età moderna e contemporanea, si sono cimentati con questa pratica, realizzando cartoni preparatori per bellissimi arazzi: da Raffaello a Picasso, da Mirò a Boetti. Oggi gli arazzi rappresentano ancora un universo affascinante per molti artisti e designer, che sperimentano con tessuti e materiali innovativi, unendo bellezza, stile e, soprattutto, sostenibilità.
Cenni storici: utilizzo e produzione
Appesi alle pareti di pietra dei castelli, in grandi sale difficilmente riscaldabili, univano alla funzione decorativa quella di isolamento termico durante l’inverno. Il grande successo degli arazzi nei secoli è probabilmente legato alla loro trasportabilità. Re e nobili potevano arrotolarli e portarli con loro negli spostamenti tra una residenza e l’altra, e a differenza degli affreschi erano salvabili in caso di incendio o saccheggio. Nelle chiese potevano essere srotolati in occasione di una particolare ricorrenza.
Sostenibili fin dalle origini…
Sono stati prodotti fin dai tempi più remoti, anche se la difficoltà di conservazione dei materiali che li compongono – fibre tessili naturali come lana, cotone o lino – ha fortemente condizionato la quantità e qualità dei reperti ritrovati.
I più antichi arazzi giunti a noi risalgono all’antico Egitto e alla Grecia tardo ellenica, ma erano diffusi ovunque nel mondo, dal Giappone all’America precolombiana.
Gli arazzi copti, provenienti dall’Egitto nei primi secoli dell’era cristiana, mostravano già una grande abilità tecnica unita a disegni molto complessi.
Le manifatture
Lo sviluppo dell’arazzo in Europa risale all’inizio del XIV secolo, prima in Germania e Svizzera poi in Francia e in Olanda. L’apice della produzione venne raggiunto nel Rinascimento, in particolare nelle Fiandre e in Francia. La reale manifattura dei Gobelins, fondata a Parigi nel 1662 continua a produrre tutt’oggi.
Nel 1675 gli artisti ed artigiani eccezionali nella cerchia dei Gobelins, storico laboratorio di tessitura di arazzi francese, erano oltre 800. Agli ordini del pittore Charles Le Brun ci sono, lapidari e falegnami, incisori, orefici, tappezzieri e pittori di tutte le provenienze
La perfezione dei colori e del disegno raggiunge in quegli anni il suo apogeo. Una raffinatezza mai raggiunta prima nella tessitura degli arazzi.
I tempi di produzione arrivano a superare anche i 5 anni, data la complessità raggiunta nelle tecniche di tessitura e di conseguenza i prezzi aumentano notevolmente.
Intorno al XVII secolo, appaiono in Francia e in Italia i primi arazzi dipinti su tessuto di seta e lino. Questi arazzi dipinti, vengono impiegati per gli arredamenti di regge e palazzi, tanto da comparire ufficialmente nelle collezioni della corona. Sul “Registro del Sovrintendente della Corona” dell’11 agosto 1689, sono stati registrati 4 arazzi in moaire dipinti dal maestro Bonnemer nella manifattura dei Gobelins che illustrano “Il passaggio del Reno da parte del principe di Condé’’.
Pittore ordinario del re di Francia e collaboratore di Charles Le Brun, Bonnemer, aveva appreso la tecnica di dipingere gli arazzi su seta, tapisseries de peinture, durante il suo soggiorno a Roma.
Nel 1715, alla morte del re Luigi XIV, l’inventario degli arredamenti della corona riportava ben 2.155 arazzi dei Gobelins.
L’arazzo dipinto – Gli arazzi dei Gobelins
La tecnica relativa a questa produzione di arazzi dipinti, citata più volte nel “Registro del Sovrintendente della Corona”, sembra avvolta da un mistero, le informazioni sono rare e gelosamente custodite.
Nella stessa manifattura dei Gobelins, un arazziere non svela all’altro quale sia il segreto sulla tecnica di pittura su tessuto dell’arazzo.
Queste sono le origini del procedimento di produzione degli arazzi Editions d’Art de Rambouillet. La società francese de Rambouillet, rifacendosi alle tecniche impiegate nel XVII secolo, ideò nel 1960 un procedimento esclusivo di riproduzione degli arazzi antichi dipinti su tessuto.
Furono necessari 7 anni di ricerche per raggiungere il risultato sperato che oggi possiamo apprezzare negli arazzi Editions d’Art de Rambouillet.
Il declino di una grande arte
Dalla fine del Settecento, con il passaggio alla produzione industriale e il crescere del costo della manodopera (i tempi di lavorazione lunghissimi determinano costi proibitivi), la moda degli arazzi incominciò a declinare come manifestazione esteriore del prestigio dell’aristocrazia e risentì dei forti cambiamenti sociali del momento. Durante la rivoluzione francese la folla li bruciò non solo per recuperare i filamenti d’oro tessuti negli arazzi, ma anche per distruggere i vessilli della classe abbattuta.
A seguito della crisi, che coinvolse tutta l’Europa, le arazzerie italiane chiusero i battenti. L’arte dell’arazzo sopravvive oggi in piccole nicchie di produzione e per il restauro dell’antico.
Negli anni ’60, su impulso dell’artista e cartonnier Enrico Accatino, innovatore e promotore dell’arte tessile in Italia, il rilancio di questa tecnica. Ispiratori di questi laboratori sono le opere di maestri contemporanei come Afro, Capogrossi, Accatino, Casorati, Guttuso, Klee, Kandinskij, De Chirico e Cagli.
Materiali
Per la preparazione dell’ordito si usavano il lino e la lana, oggi si utilizza il cotone ritorto, più elastico del lino e meno instabile della lana. Per la trama si usa principalmente la lana e la seta, molto usata in passato. Quest’ultima viene utilizzata meno frequentemente, in alcuni casi alternata alla lana per ottenere particolari effetti di contrasto. Il filato di lana, deve essere pettinato e viene accoppiato, raddoppiato o triplicato e più, per raggiungere la dimensione occorrente alla trama. Questo accoppiamento permette, unendo fili di colori diversi, di ottenere ogni minima sfumatura di colore (se i colori sono simili) o effetti picché (se i colori sono contrastanti).
Arazzi contemporanei: la firma della sostenibilità
Creativi
Così come in passato, anche oggi i giovani creativi amano confrontarsi con l’arte tessile. Tra le designer emergenti che si confrontano continuamente con questa pratica, c’è Vanessa Barragao, designer portoghese che utilizza per i suoi arazzi i materiali di scarto delle fabbriche tessili. Con risultati davvero sorprendenti: i suoi arazzi evocano infatti paesaggi marini, fatti di variopinte barriere coralline e creature fantastiche.
Disegnare e realizzare tappeti in una maniera assolutamente personale (e sostenibile) è la mission della designer portoghese Vanessa Barragão. Dal 2014, reimpiegando filati sprecati dall’industria, utilizza tecniche ecologiche di tessitura per realizzare collezioni che riproducono la bellezza degli ecosistemi marini. Tappeti moderni ed arazzi che, oltre ad essere belli, sottolineano la necessità, di chi fa design, di dover fare la differenza anche con gesti molto semplici come il riuso dei materiali e l’impiego di lavorazioni artigianali come l’uncinetto o il ricamo.
Da qui la parola d’ordine del suo lavoro: upcycle, ovvero il riciclo creativo, portato avanti, in ogni tappeto e arazzo, con i materiali di scarto (e i loro colori) reperiti di volta in volta. Il risultato è sempre diverso, ma i protagonisti restano gli stessi: gli atolli, i coralli, le alghe e i funghi che per Vanessa rappresentano gli abitanti del microcosmo più bello e complesso che esista sulla Terra.
Fonoassorbenti
Chi ha detto che gli arazzi sono solo decorativi? Casalis ha creato Ondo, una serie di pannelli che assorbono i rumori realizzati con una struttura in lana tridimensionale. Grazie alla loro particolare combinazione di onde – realizzate in poliestere Trevira e progettati dalla designer Aleksandra Gaca – questi arazzi svolgono non solo una funzione estetica, ma anche pratica (soprattutto in luoghi della casa in cui si desidera attutire i suoni). Un oggetto che combina funzionalità e bellezza, oltre alla sostenibilità, dato che sono realizzati in materiali ecologici.
Sostenibili
Materiali naturali come la lana himalayana, la seta o la canapa e un processo di lavorazione lungo a opera di artigiani tibetani in Nepal: questi sono gli ingredienti per la realizzazione di collezioni uniche e originali di Cc-tapis. Il brand non punta alla produzione di massa, ma dà la possibilità al cliente di realizzare il tappeto desiderato e della misura ideale, senza l’utilizzo di prodotti chimici, acidi o fibre artificiali. Dal tappeto all’arazzo, Cc-tapis offre soluzioni coloratissime e creative, grazie alle numerose collaborazioni con designer emergenti ed established.
Scandinavi
In candido bianco, oppure dai colori naturali e ispirati alla natura: sono gli arazzi scandinavi, oggi di grande tendenza. Realizzati rigorosamente a mano, preferibilmente in lana (oppure cotone), con frange oppure applicazioni ricamate, l’effetto è assicurato.
Gli arazzi in plastica riciclata
Nel 2019 parte il progetto ‘A collection’ al via da Torino: un’esposizione di 10 grandi arazzi realizzati con filati derivati dalla lavorazione e il riciclo di plastica ripescata dal mare.
Il progetto è la materializzazione di un semplice assunto: i filati ottenuti dal riciclo della plastica, grazie alle loro infinite cromie e matericità, possono comporre arazzi dettagliati e raffinatissimi. La plastica, proveniente per lo più dalle bottigliette che inquinano i mari, viene lavorata mediante un processo meccanico di fusione e filatura. La trasformazione della cosiddetta materia prima-seconda è condotta in maniera ecologica, sostenibile e produttiva e procede fino allo stadio finale in cui delicati sistemi di manipolazione consentono di ottenere filati che simulano alla perfezione quelli di origine naturale, anzi, le loro caratteristiche ne sono ulteriormente valorizzate.
Secondo un antico proverbio persiano, “Un tappeto persiano è perfettamente imperfetto e precisamente impreciso”. Il perché? E’ davvero semplice. Un raffinato tappeto persiano presenta sempre delle imperfezioni per dimostrare come solo dio possa creare la perfezione.