Francis Kéré vince il Premio Pritzker 2022

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Matteo Risso

C’è un padiglione nel grande parco del Tippet Rise Art Centre. Il suo nome è Xylem, e il suo autore è Diébédo Francis Kéré, il primo architetto africano a vincere il Premio Pritzker nel 2022.
Il Tippet Rise Art Center si trova a Fishtail (Montana). Sullo sfondo delle Beartooth Mountains. Non lontano dal Parco Nazionale di Yellowstone. Un luogo insolitamente bello e selvaggio. Un luogo suggestivo.

Foto di Iwan Baan

Architettura e natura collegati

Il centro d’arte si trova in un ranchdi più di dodicimila acri, abitato da pecore e mucche. Tippet Rise ospita musica classica da camera e recital in questo ambiente rustico ed espone all’aperto sculture di grandi dimensioni. Celebra, in effetti, un concetto di arte, musica, architettura e natura inestricabilmente legati. Così, nell’esperienza della visita, ognuna diventa più potente. E questo grazie alla loro interazione.
Il centro d’arte ha molti spazi per spettacoli musicali al chiuso e all’aperto, con programmi che cercano di creare esperienze uniche, tanto per gli artisti quanto per il pubblico.
Si può visitare il sito in bicicletta, a piedi o con un tour in furgone, guidato dal personale.

Foto di Iwan Baan

Il Padiglione di Francis Kéré

Tra i punti salienti del grande parco c’è effettivamente il padiglione su disegno di Francis Kéré. Completato nel 2019, misura circa 200 metri quadrati. Un piccolo edificio aperto. Progettato come un rifugio, un luogo di riposo. Tranquillo e protetto. Uno spazio per meditare.
Un rifugio capace di evocare il respiro di un albero. Gli strati vitali che compongono la crescita del tronco di legno. Una struttura viva, fatta di legno, che invita il visitatore a soffermarsi. A sedersi, a contemplare.

La morfologia del terreno circostante appare leggermente incassata. Baricentrico tra le strutture principali del centro artistico e l’inizio dei sentieri escursionistici. Annidato strategicamente in una radura circondata da pioppi tremuli, di fronte a un piccolo torrente. L’edificio è letteralmente “scolpito” in tronchi di legno. A metà strada tra una grotta fiabesca e una gigantesca tana arcaica. Un invito a entrare nel “cuore” degli alberi.

Il materiale principale e dominante, il legno, proviene da una foresta sostenibile di pini. I tronchi sono tutti di provenienza locale, ottenuti da un processo di potatura naturale che salva le foreste dagli insetti parassiti. Il materiale si presenta nella sua forma grezza, senza trattamenti superficiali artificiali.
Tronchi raggruppati in fasci circolari all’interno di una struttura modulare esagonale in acciaio, e resistente alle intemperie. Sostenuta da sette colonne in acciaio, la superficie superiore del baldacchino sviluppa la sua forma sinuosamente per fondersi con l’ambiente circostante.

Riferimenti iconici

È un edificio massiccio ma non pesante. Uno spazio “svuotato” dal peso. Il tetto si riferisce alla “Tuguna”, lo spazio sacro e di incontro di molte comunità burkinabè, cioè del Burkina Faso. Rifugi in legno e paglia che offrono protezione dal sole pur permettendo la ventilazione.
Questi sono i riferimenti iconici di Francis Kéré. Le sue radici. Un contributo molto personale all’architettura.
Nato a Gando, in Burkina Faso, Diébédo Francis Kéré ha studiato in Germania. Dal 2005 dirige lo studio Kéré Architecture con sede a Berlino. Lavora principalmente in paesi africani e in via di sviluppo. Lì l’architettura si traduce nella risposta immediata ai bisogni primari e alle emergenze sociali. In questo, come in tutti i suoi progetti, c’è un chiaro legame con la terra d’origine.

“Come spesso accade quando lavoriamo a progetti architettonici, abbiamo guardato a ciò che era disponibile e che era in abbondanza nel sito di costruzione. Abbiamo costruito il padiglione interamente con fasci di tronchi d’albero, tagliati attraverso un processo di potatura naturale, che mira a salvare le foreste dagli insetti nocivi. Anche l’acciaio e il cemento sono di provenienza locale”.

Foto di Iwan Baan

Xylem

Nel padiglione, la luce del sole filtra attraverso i tronchi verticali, creando un bagliore diffuso. Ombre morbide e sedute dalle forme sinuose si riflettono sulla piattaforma circolare di cemento lucidato sottostante. La complessità spaziale è una caratteristica del suo habitat.
Il calore degli elementi, in legno intagliato, incoraggia i visitatori a esplorare, a toccare, a osservare. A scoprire, attraverso le aperture, le diverse vedute del paesaggio circostante.

Ma da cosa deriva il nome Xylem? Lo xilema è un tessuto legnoso dei tronchi delle piante, formato da vasi linfatici e fibre. Attraverso di esso circola la linfa. Il termine è di origine greca e deriva da “xylon” che significa legno.
Questa funzione di trasporto e scambio è simboleggiata dal Padiglione. Infatti, Xylem crea un legame tra il luogo dove si trova (lo stato del Montana, negli Stati Uniti) e il Burkina Faso, in Africa. Oltre al suo legame iconologico con gli archetipi burkinabè, è anche unito dalla sua storia costruttiva. Perché è stato costruito in parallelo con la scuola “Naaba Belem Goumma” nella città natale di Francis Kéré, Gando.

Diébédo Francis Kéré
Diébédo Francis Kéré

Architettura Poetica

Un’architettura poetica che rappresenta magistralmente il lavoro di Francis Kéré. E rende anche più chiaro il motivo per cui è stato premiato quest’anno con il prestigioso Premio Pritzker.
Infatti, Xylem parla di come Madre Natura nutra tutti gli esseri viventi e permetta loro di prosperare. Ci porta a interrogarci sul ruolo dell’architettura nel mondo contemporaneo, chiedendoci come l’architetto possa affrontare le grandi emergenze del pianeta. E, infine, come possa mantenere un forte legame con le proprie radici culturali. Tutto ciò che corrisponde al lavoro di Diébédo Francis Kéré.

Per altre informazioni su Francis Kéré visita il sito

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