Il paesaggio può essere considerato un materiale architettonico? Non è facile rispondere a questa domanda. Cosa è, esattamente, il “materiale” di cui parliamo? Si tratta solo di un elemento concreto. Oppure no?
La parola paesaggio ha diversi significati. Uno è quello riferito alla percezione. Siamo inseriti in un contesto di cui, attraverso la visione e la cultura, impariamo a leggere significati. Significati che ci vengono dallo sguardo. Quello percettivo ma anche quello “mentale”. Quest’ultimo è uno strumento primario per la comprensione del paesaggio. Ci mostra le caratteristiche che lo contraddistinguono. Imparando a distinguere dal considerarlo una semplice rappresentazione. Infatti con il termine “paesaggio” intendiamo anche l’insieme degli elementi tipici di un determinato territorio. Ivi compresi gli insediamenti umani. In questo senso, forse, possiamo identificare il paesaggio con un materiale (reale eppure astratto) dell’architettura.
Ridurre l’impatto negativo
C’è però una cosa su cui non si può dubitare. Gli edifici rispettosi dell’ambiente in cui si trovano spesso hanno un ottimo rapporto di uso in termini di risorse energetiche. In altre parole quei concetti architettonici in cui il punto di forza è “ridurre l’impatto negativo dell’edificio” pongono l’architettura su un livello superiore. Fin quasi a non lasciare tracce deturpanti sul paesaggio. Incorporando l’ambiente nel progetto. Divenendo anzi il progetto dell’ambiente. Un tutt’uno tra edificio e natura. La celebre Villa Malaparte a Capri ne è un prezioso esempio. Ma forse c’è un passo ulteriore che possiamo descrivere. Nella prospettiva della salvaguardia del “materiale” paesaggio.
Preservare l’habitat
In un mondo in cui ridurre al minimo il disturbo per l’ambiente non è mai stato così importante, l’architettura ha infatti la responsabilità di allinearsi con la natura. Piuttosto che turbare o, peggio ancora, alterare, deformare o riconfigurare l’habitat. Che invece richiede di essere preservato. Si tratta di rispetto verso l’ambiente. Compiendo scelte sostenibili. E per questo reversibili. Che non producano danni alle future generazioni di esseri umani, animali, piante. In generale a tutti gli abitanti del pianeta. Con questo in mente si può riflettere su ciò che vuol dire assimilarsi al mondo così com’è. E come è stato da tempo immemorabile. Fondendosi con il luogo in cui ci troviamo. Diventandone parte. Una continuazione del paesaggio.
Integrare architettura e ambiente
Il punto di partenza è quello di utilizzare materiali naturali. Il più naturali possibile. Ma cosa succede quando l’ambientazione, il paesaggio su cui costruiamo, viene utilizzato come parte integrante di un edificio?
Una costruzione appoggiata sopra una piccola collina. In un fitto bosco. Dove un edificio si avvolge intorno alle chiome degli alberi. Utilizzando la morfologia del terreno per creare ambiti su più livelli. Ove edificare ambienti. Rimanendo avvolti da una foresta. Dove le curvature del manufatto sono state costruite in base a come il verde è cresciuto e continuerà a crescere.
Le abitazioni rupestri sono un tipico luogo d’insediamento. Dai rifugi preistorici agli insediamenti megalitici. Da quando gli esseri umani si sono resi conto della loro estrema vulnerabilità hanno cercato le formazioni rocciose naturali per proteggersi. Nei canyon, negli insediamenti rupestri. In luoghi impervi. Magari incastrati in una parete di roccia, per consentire l’osservazione e il presidio di una porzione di territorio. Celati alla vista, su pareti scabre che evocano la trama altrettanto ruvida delle rupi.
Tenendo conto anche della loro posizione sotto il cielo. In ipnotiche notti stellate da osservare, con discrezione. Per non disturbare la vista e riducendo al minimo il potenziale di inquinamento luminoso.
Un nucleo di contemplazione. Volto ad aumentare la consapevolezza di sè attraverso il paesaggio. Dove il paesaggio diventa edificio. Risultando qualcosa che è chiuso ma, nel contempo, è connesso con la natura selvaggia.
Materiali naturali
Un aspetto su cui concentrarsi è quello dei materiali naturali. Che rappresentano gli elementi generativi del paesaggio. La pietra, i tessuti naturali, il legno e il vetro. In contatto con il paesaggio circostante. Che diventa il quinto elemento; il quinto materiale.
Se è essenziale che l’architettura si integri e si adatti al mondo naturale, l’opportunità di adattare il design a ciò che già esiste è il punto di partenza fondamentale. La costruzione e la demolizione sono fattori ad alto impatto. E ridurre la quantità di volte in cui costruiamo per poi demolire è essenziale.
La natura attraversa anche l’architettura. Nei parchi (urbani ed extraurbani). Senza costituire uno strappo ma invece valorizzando ciò che si può ottenere dal paesaggio.
Sono questi, in estrema sintesi, gli spunti di riflessione riguardanti l’interpretazione del paesaggio come vero e proprio materiale dell’architettura.
Per approfondire: Cos’è la Bioarchitettura
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