Siamo sinceri: chiunque si sia mai avventurato nella ricerca o, addirittura, nella costruzione DIY di complementi d’arredo realizzati attraverso il riuso creativo di materiali di scarto, si sarà sicuramente interrogato sulla qualità estetico-funzionale dell’oggetto ottenuto. Tuttavia, setacciando il mercato del riciclo applicato al design, ci siamo imbattuti in una realtà imprenditoriale che non lascia spazio alcuno a dubbi di valore sui prodotti in catalogo. È questo il caso di Vibrazioni Art Design (VAD), una virtuosa realtà industriale che pratica l’upcycling tra arte e design.
Il DNA di Vibrazioni Art Design
Vibrazioni Art Design è un’impresa romagnola dedita alla customizzazione di motociclette e alla produzione di arredamento in metallo recuperato. Una sorta di bottega-laboratorio che si contrappone alle logiche industriali, in favore della lavorazione artigianale dei barili provenienti dal settore petrolchimico ed alimentare.
Infondere poesia nella fredda lamiera di fusti di carburante dai colori sgargianti, infatti, non richiede solo l’accurato calcolo di equilibri formali e prestazioni funzionali. Lo stesso recupero del bidone è solo il primo di una serie di attività frutto di complesse riflessioni.
Ciononostante, proprio perché mossi dalla volontà di valorizzare il trascorso di un materiale di scarto, il team VAD ha formulato con dei bidoni il paradigma del lifestyle di un pubblico pop. Vi state chiedendo quale sia il segreto? “Combinazioni cromatiche d’impatto e variazioni di superficie cariche di memoria” potrebbe essere la risposta immediata. Ma, dialogando con uno dei soci fondatori, abbiamo scoperto che c’è molto di più.
Innanzitutto, qual è stato il percorso di questa temeraria avventura sperimentale?
Come nelle più ordinarie narrazioni ambientate nel contesto rurale italiano, l’esperienza VAD comincia nel 2006 a Massa Lombarda, un paesino della campagna romagnola più verace. Da sempre affascinato dalle scintille di fuoco del fabbro sotto casa, Alberto Dassasso inizia a coniugare, nell’ex fienile familiare, la passione per gli oggetti vintage ed il debole per i motori ereditato dalla sua terra.
“Tra alberi da frutto e ruggine” è, infatti, l’immagine alla quale ama associare la realtà che condivide con un motivato team di fidi collaboratori.
Ma oltre all’atmosfera distesa della campagna e alla luminescenza della saldatura, è il linguaggio deciso della Pop Art di Andy Warhol l’ingrediente che ha continuato a motivare le origini di quest’avventura produttiva.
Così, a partire dalla causale scoperta del potenziale materico del bidone, le loro realizzazioni riescono dapprima ad essere presentata al Salone Satellite di Milano. Poco dopo, sono anche applaudite al raduno per i 110 anni della Harley Davidson, per poi essere immortalate in un servizio televisivo del programma Le Iene.
Da lì, la capacità tecnica di questi “designer-maker con l’elmetto” si è affinata al punto tale da consentirgli di collaborare con Ducati e Pirelli (2015) e persino di esporre i propri pezzi in video musicali e set cinematografici. Vedasi Immaturi la serie (2018).
Ma in che modo restituiscono valore alla lamiera recuperata?
Grazie alla verve rude e l’impronta post-modernista, da loro descritta come “eco-romantica”, i prodotti VAD sono pezzi sartoriali che si distinguono proprio per le cicatrici impresse su quelli che un tempo erano contenitori industriali.
Un’armatura connotata da molteplici variazioni, infatti, riesce ad evocare memorie vissute e contesti altri tali da incrementare l’impatto emozionale dell’oggetto e la sua durata d’utilizzo.
Imbevuti di valori simbolici, quelli che potrebbero essere dei banali complementi d’arredo riescono, quindi, a farsi portatori di una visione di sostenibilità a lungo termine, grazie ad una “pelle” che evoca l’intero percorso di vita del materiale.
Tant’è che nulla viene nascosto o camuffato, lo scheletro si fa estetica e lo stile deriva dalle stesse imperfezioni. I volumi sono studiati in modo tale da enfatizzare l’autoportanza della lamiera, la quale, se piegata opportunamente, non necessita di strutture interne di supporto. Tutto quello che fanno è votato, dunque, al completo stravolgimento del bidone originario. Solo la resa materica ed i marchi ancora visibili, infatti, sono incaricati di arrivare alla pancia di chi li acquista, stimolandone la coscienza etica.
E qual è la formula per far dialogare arredo, moto e sostenibilità?
Consapevole che solo sperimentando si riesca a spingere l’asticella sempre più in alto, Alberto Dassasso ci ha confermato che il loro vero punto di forza sta proprio nell’«applicare in ambiti diversi una poetica coerente».
Così facendo, tavolini, sedie, divani e cabinet sono gli attori protagonisti di quella sorta di “drammaturgia del recupero” messa in scena sul catalogo VAD. Benché inanimati, infatti, questi arredi raccontano la storia di riscatto di un materiale di scarto. Una sorta manifesto di una nuova arte di riciclare!
In maniera del tutto analoga, le moto che entrano nell’officina di Ravenna vengono rivestite con abiti metallici su misura che rimettono in vita veicoli a rischio d’estinzione.
Ne risulta che, tra gli accattivanti scatti realizzati da Callo Albanese, non sembra affatto stridente l’accostamento di complementi da interni e moto da strada. Ciò perché è tanto coerente il pensiero da cui ha avuto origine una tale concreta attività di upcycling quanto è calibrata la sua incisiva rappresentazione.
Ma nello specifico, in cosa consiste l’upcycling di VAD?
Il procedimento di upcycling messo in atto da VAD riguarda principalmente vecchi bidoni di carburante e d’olio. Destinati altrimenti allo scarto e allo smaltimento, vengono recuperati, reinterpretati ed adattati a nuove funzioni di vita.
Sono tante le realtà aziendali che, durante il trasporto o lo stoccaggio, usano quotidianamente questi fusti in ferro per contenere le materie prime più diverse. E una volta rimossone il contenuto, tali malvissuti imballaggi costituiscono un vero e proprio problema ecologico.
Nel panorama delle aziende impegnate nella rigenerazione dei fusti industriali, infatti, VAD ha individuato partners qualificati nello smaltimento di oli esausti. Nello specifico, i bidoni vengono lavati con acqua piovana e lisciva di cenere. Ciò consente lo smaltimento dei liquidi contaminati e delle sostanze potenzialmente nocive in essi contenute. In questo modo, tali azienda smaltiscono interamente i residui così come i vapori sviluppati durante il lavaggio, assicurando un prodotto salubre al 99,9%.
Pertanto, i fusti vuoti, selezionati sulla base di grafiche, loghi e colori di interesse, sono sottoposti ad un processo di bonifica e recupero ecologico che di fatto li reintroduce nel ciclo produttivo, riducendo rifiuti e generando ulteriore valore.
E in ultimo, come si passa dai bidoni al design?
Taglio, piega, saldatura e verniciatura vengono poi operati sul materiale affinché permangano sugli arredi solo la patina del tempo trascorso e la matericità della lavorazione.
Ecco perché vi abbiamo parlato di un processo artigianale unico. Occorre una mente aperta al cambiamento, un’affinata sensibilità per i dettagli e tanta determinazione per fare del design sostenibile una ragione di vita!