Secondo Leon Battista Aberti, «la struttura delle cose è governata da norme che ne determinano anche la loro formazione; esse costituiscono il legame profondo tra il mondo della natura e il mondo dell’artificio; l’osservatore scopre le basi delle forme e le riutilizza nel progetto: in alcuni casi le forme coincidono con gli archetipi” (in: Logica e complessità dell’architettura di Gianfranco Moneta, 2002). Archetipi come architettura frugale.
In qualsiasi modo lo traduci, mai prima d’ora è stato così importante fare delle scelte. Per farlo nel miglior modo possibile occorre smantellare l’apparente serietà dei proclami quotidiani sull’ambiente. Non credere ciecamente, fidarsi e informarsi non è solo utile ma necessario per prendere le proprie decisioni.
L’architettura come fenomeno collettivo
L’architettura, come tutti i fenomeni collettivi (cioè, le comunità e le società), soffre di un delirio bulimico di onnipotenza. Ci vorrebbe un’architettura umile, e potrebbe essere necessaria una “Grande Dichiarazione”; per esprimere una strategia sostenibile per questa disciplina. Tuttavia, riflettendoci, esiste già! Si chiama Architettura frugale.
L’architettura frugale si basa su metodi semplici. La ventilazione naturale, il raffreddamento passivo, il recupero dell’apporto termico e l’inerzia termica sono le basi della progettazione bioclimatica e sono concetti e sistemi piuttosto antichi adottati in passato che oggi sono stati rivitalizzati attraverso la tecnologia. La tecnologia ha sicuramente aggiunto qualcosa, ma non molto. I concetti, i capisaldi, vengono dal passato. Non possiamo fare nulla senza questa fondamento.
Tendiamo a preferire materiali rinnovabili come il legno. Il legno è considerato un materiale rinnovabile perché l’albero ricrescerà nei prossimi anni.
Il paradigma della città intelligente
Secondo Philippe Madec: “La frugalità nell’energia, nelle materie prime, nella manutenzione implica approcci low-tech. Ciò non significa l’assenza di tecnologia, ma l’uso di tecniche pertinenti, non inquinanti o dispendiose, insieme a dispositivi facili da riparare, riciclare e riutilizzare”
La frugalità nell’energia, nelle materie prime, nella manutenzione implica approcci low-tech. Ciò non significa l’assenza di tecnologia, ma l’uso di tecniche pertinenti, non inquinanti o dispendiose, insieme a dispositivi facili da riparare, riciclare e riutilizzare.
Il paradigma della città intelligente dovrebbe essere reinterpretato dal punto di vista di un “abitante intelligente”. Philippe Madec osserva, aggiungendo: “…nella realizzazione e nella progettazione, la frugalità richiede innovazione, invenzione e intelligenza collettiva. La frugalità rifiuta l’egemonia della visione tecnologica dell’edificio e richiede il coinvolgimento degli occupanti. Non è l’edificio che è intelligente, ma i suoi abitanti.”
nella realizzazione e nella progettazione, la frugalità richiede innovazione, invenzione e intelligenza collettiva. La frugalità rifiuta l’egemonia della visione tecnologica dell’edificio e richiede il coinvolgimento degli occupanti. Non è l’edificio che è intelligente, ma i suoi abitanti.
Ossimori di ambientalismo
Ecco un approccio che smonta l’ossimoro dell'”ambientalismo di tendenza” e spoglia l’architetto del suo ruolo attuale. Avremmo bisogno di tante riflessioni di questo tipo, per dare voce ai diversi abitanti del pianeta: umani, animali, piante, territori e luoghi. Colui che ascolterà le diverse voci non sarà chiamato architetto se con questo appellativo intendiamo un «personaggio», una star, un prodotto dell’industria virtuale. Sarà invece, un pensatore frugale, moderato nelle sue scelte e temperato nelle sue azioni progettuali. Niente di più e niente di meno. Sarà anche consapevole dei pericoli dell’austerità costrittiva e burocratica, consapevole che la sobrietà (intesa solo come un vincolo) non è un progetto auspicabile per il futuro.
È un’acquisizione che ci viene dalla storia. Le comunità efficaci, prospere e sane sono le basi per costruire una buona architettura.
Philippe Madec sull’ architettura frugale
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